Dal Marketing al Societing

  • 04SET

Inserito in: Marketing

Autore: Andrea Ibba

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Nel periodo di studio che è stato necessario ad elaborare i principi della Comunicazione Alchemica, c’è stato un momento in cui mi sono dedicato esclusivamente alle diverse interpretazioni del Marketing. Ciò che cercavo era una prospettiva in linea con il pensiero che stava prendendo forma, ovvero una visione del mondo dei consumi e delle imprese, che non si limitasse a declinare le teorie di Philip Kotler, ma cercasse di assimilare il senso di questa crescente complessità.
In realtà la ricerca non è durata tanto a lungo, perché quasi subito mi sono imbattuto in Giampaolo Fabris: un sociologo italiano dal cui pensiero abbiamo potuto attingere alcuni frammenti che si sono rivelati indispensabili per completare la formula che avevamo in mente.
Non sono pochi gli autori con cui abbiamo un debito di riconoscenza, ma è grazie alle tesi di Fabris che siamo stati in grado di trasformare le nostre idee, in un metodo di analisi e design in grado di scomporre e ricomporre gli elementi del marketing e della comunicazione.
Riportiamo di seguito un frammento di “Societing. Il marketing nella società postmoderna” in cui Fabris espone le dieci tesi che possiamo considerare l’essenza del suo pensiero, o anche lo specchio attraverso il quale osservava il mondo dei consumi, interpretando e anticipando l’evoluzione delle sue tendenze.

1. Transizione d’epoca

Un’epoca volge al termine. L’epoca delle grandi certezze, delle ideologie, dello sviluppo lineare, della fede illuministica nel progresso. Una nuova – all’insegna della complessità, dell’incertezza, del dubbio sistematico, del relativismo – va prendendo consistenza davanti ai nostri occhi. Eppure molti stentano a scorgere il nuovo che emerge nella sua reale portata. Al più come incisivi ma rapsodici mutamenti o improvvise accelerazioni della società in cui si è sempre operato. Come un tempo Cristoforo Colombo, ritengono che i contorni di una terra che diviene sempre più nitida siano le Indie.

2. La conoscenza come fattore di produzione

Due le precondizioni per la transizione d’epoca: il mutamento nei modi di produzione e l’irrompere di nuove tecnologie. L’impresa diviene flessibile nuovi modelli organizzativi plasmano l’impresa a rete, la produzione si delocalizza, la cultura della fabbrica diviene marginale, la coopetition (cooperation + competition) una nuova prassi e la conoscenza diviene il principale fattore di produzione. Nuove tecnologie investono il mondo dell’impresa, i sistemi di comunicazione, la vita quotidiana. Muta contemporaneamente la società e il sistema della comunicazione, generando effetti esponenziali.

3. Il postmoderno come cultura dell’economia postindustriale

La società industriale è tramontata da tempo. Eppure la sua cultura continua a improntare i comportamenti d’impresa. Nella cultura nuova, una società degli orologi – dove il tempo era regolato e scandito, prevedibile e lineare – va evolvendo verso una società delle nuvole: cangiante, dai contorni indefiniti, dalla struttura e dinamica imprevedibili.

4. Una nuova centralità del consumo

La centralità del consumo sostituisce la centralità della produzione. Anche se la “vecchia società” era stata definita società dei consumi, è nella nuova epoca che il consumo assume un protagonismo del tutto inedito. Un consumo che alla sua dimensione economica affianca in un impetuoso crescendo valenze sociali, semiotiche, antropologiche. La fisicità delle merci va dissolvendosi nelle marche, in valori intangibili, segnici, di comunicazione.

5. Dall’individualismo alla nuova socialità

L’individualismo, il grande megatrend di questi anni, contrariamente a quanto era stato stigmatizzato e temuto, non degrad in un anonimo volto di una folla solitaria. Genera invece nuove e impreviste forme di socialità. Diverse da quelle tradizionali, afone sotto il profilo della progettualità, ma estremamente vitali. Cementate da emozioni, sentimenti, passioni. Sono le nuove comunità, le tribù, i social network che trovano sovente proprio in una marca o in una pratica di consumo il fattore totemico intorno a cui aggregarsi.

6. Dalla transazione alla relazione

Il consumatore acquisisce un potere, una discrezionalità, una forza contrattuale sconosciuta in passato. Un consumatore che nella società nuova cambia incisivamente pelle. La sua tradizionale passività, subalternità verso chi produce e vende non trova più alcun riscontro. Un empowerment del consumatore che intende instaurare un rapporto realmente dialettico, che impone all’impresa il passaggio dalla logica della transazione a quella della relazione. La distribuzione d’altro canto evolve dalla sua funzione ontologica di rendere accessibili e vendere beni e servizi in una gigantesca macchina per comunicare, in una piattaforma relazionale, in luogo magnetico.

7. Il consumatore partner e committente

La diffusione delle nuove tecnologie consente, per la prima volta, di valorizzare un diffuso sapere e competenza del consumatore che, se da un lato rafforza il suo potere contrattuale e fa giustizia della tradizionale asimmetria informativa, dall’altro prospetta all’impresa scenari di collaborazione, co-creazione, dialogo, difficilmente configurabili alla luce dei consolidati schemi concettuali. Un consumatore competente e creativo che può diventare partner, ma anche committente, verso l’impresa.

8. Il tramonto del marketing di massa

Il marketing è coevo, come nascita e come messa a punto della propria cassetta degli attrezzi, a una società taylorista/fordista che ben poco ha in comune con la società postmoderna. Nato nell’epoca dei mercati di massa, dei mezzi di comunicazione di massa, della subalternità del consumatore si trova adesso a disagio, e per molti versi impotente, nella società nuova. D’altro canto la sua funzione è indispensabile, in quanto capacità di ascolto e di relazione con il mondo del consumo. È necessaria quindi una sua profonda rivisitazione, quasi una rifondazione.

9. La dimensione sociale del marketing

Il marketing, come disciplina aziendalistica, non può che prendere consapevolezza, e adeguarsi di conseguenza, dei crescenti risvolti sociali del suo operato. Perché di fatto, dei prodotti/servizi che deve promuovere, la dimensione segnica, di attribuzione di senso, di significato e significante è sempre più importante. Perché i consumatori non esistono e sono gli individui, attori sociali cioè, con cui deve dialogare. Perché non può più disinteressarsi delle conseguenze sociali dei prodotti che mette in circolo, delle nuove responsabilità sociali ed etiche della marca/impresa. I mercati divengono conversazioni dove lo scambio è di segni, linguaggi, relazioni in un dialogo tra pari.

10. Dal marketing al societing

Societing: perché il marketing, nel suo percorso verso Damasco per approdare alla nuova epoca, non può che realizzare un proficuo incontro, non soltanto strumentale come è successo in passato, conia società. Instaurando con questa un rapporto che sia anche di servizio, rispettoso, tendenzialmente simmetrico. Non esistono ricette miracolose per fare evolvere il marketing verso il societing: bensì una profonda rivisitazione delle sue frontiere.

Queste, secondo Fabris, le dieci frontiere che il mondo delle imprese si ostina a presidiare con gli strumenti del passato, e che invece andrebbero lette attraverso una nuova prospettiva: quella di un Marketing delle complessità che in una sola formula possa conciliare tutte le sue possibili declinazioni: relazionale; estetico; sensoriale; esperienziale; tribale; multiculturale; generazionale; etico… e via dicendo.

Andrea Ibba

[ssba]

Non smetteremo di esplorare. E alla fine di tutto il nostro andare ritorneremo al punto di partenza per conoscerlo per la prima volta. (Thomas Stearns Eliot)